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Amy Blankenship
Pentru Kyoko, creaturile mitice sunt ceva ce închiriați și vizionați într-o sâmbătă noapte împreună cu prietenii. Când un urmăritor misterios transformă umbrele din jurul lui în colțuri întunecate cu margini ascuțite, se va putea ascunde de trecut? Întunericul a căzut din nou peste lume, și gardienii au așteptat învierea. Deși se crede că sunt creaturi de mit, în realitate sunt mult mai reale decât cred oamenii. Numai atunci când luna este sus, aceste creaturi, acești păzitori, se luptă cu răul care caută să depășească lumea și fata care deține puterea … lumina din inima întunericului.
Guido Pagliarino
L’autore aveva scritto questi due racconti lunghi, giunti ormai, con varianti, alla terza edizione, nel 1994 e nel 1995, di poco anteriormente al sorgere della moda del giallo e poliziesco italiani. Sono opere basate sulle figure di Vittorio D’Aiazzo, commissario e poi vice questore, e di Ranieri Velli, suo aiutante e amico, personaggi che, l'uno o entrambi, ritornano in altri romanzi e racconti di Guido Pagliarino: è uscito da poco per i tipi dell'Editrice Genesi l'ultimo romanzo sul personaggio D’Aiazzo, il prequel ”L'ira dei vilipesi”. In tutti questi lavori si può notare attenzione per le psicologie e gli ambienti, questi del passato più o meno recente. Ne erano e sono destinatari i lettori di narrativa in generale che, pur non disdegnando opere che trattino di delitti, non abbiano gusti alla paprika; non ci si aspetti dunque racconti alla Raymond Chandler o James Ellroy o, per stare in Europa, alla Manuel Vazquez Montalban.Dalla prefazione dell’autore: Avevo scritto questi due racconti lunghi, o romanzi brevi, nel 1994 e nel 1995, di poco anteriormente al sorgere della moda del giallo e poliziesco italiani, lavori basati sulle figure di Vittorio D’Aiazzo, commissario e poi vice questore, e di Ranieri Velli, suo aiutante e amico, personaggi che, l'uno o entrambi, ritornano in altri miei romanzi e racconti; l'ultimo romanzo sul D'Aiazzo è uscito, per i tipi dell'Editrice Genesi (2017) e di Tektime Editore (2018), rispettivamente in formato cartaceo e nei formati e-book: è il prequel ”L'ira dei vilipesi” ambientato durante le 4 Giornate di Napoli nel 1943. Sempre, in questi lavori ho prestato in primo luogo attenzione alle psicologie e agli ambienti, questi tutti del passato più o meno recente con qualche nostalgia per quella Torino della mia adolescenza e giovinezza che più non esiste. Ne erano e sono destinatari i lettori di narrativa in generale che, pur non disdegnando opere che trattino di delitti, non abbiano gusti alla paprika; non ci si aspetti dunque racconti alla Raymond Chandler o James Ellroy o, restando in Europa, alla Manuel Vazquez Montalban; ma neppure, d'altro canto, si attendano indagini arzigogolate, ben poco verosimili, come quelle ideate da Agatha Christie. L’azione del paio di racconti inclusi in questo libro si svolge in un periodo ancora pre-cibernetico, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 dello scorso secolo […]. Era un’epoca in cui non c’erano ancora il personal computer e il telefonino, tutte le famiglie avevano la radio ma pochissime la televisione, in bianco e nero, canale RAI unico: però senza pubblicità, a parte il simpatico e oggidì quasi leggendario “Carosello”. Una Torino, insomma, in cui un investigatore poteva ancora operare quasi come i suoi colleghi dei gialli e polizieschi classici europei anni ’20-50. Nel primo racconto, ”D'Aiazzo e il mostro a tre braccia”, viene picchiato a morte da ignoti un antiquario e restauratore torinese, Tarcisio Benvenuto, uomo dal fisico deforme che, alla nascita, era stato abbandonato dall’ignota madre ed esposto alla carità delle suore d’un istituto religioso torinese. Dal nulla, lavorando senza posa era divenuto proprietario d’un negozio all’ingrosso e al dettaglio in zona Porta Palazzo […]. Nel secondo racconto, ”D'Aiazzo e i satanassi”, steso a terra sul proprio sangue è ritrovato per istrada, da una camionetta della Polizia, il cadavere d’un attempato piccolo industriale, il commendator Paolo Verdi, il cui giovane figlio Carlo, dottore in psicologia, è in prigione in attesa di giudizio, accusato di violenza carnale a Giuseppina Corsati, dattilografa del padre poco più che adolescente; ma egli dichiara al commissario D’Aiazzo d’essere privo di colpa. In carcere è fatto oggetto di brutalizzazioni da parte di altri detenuti […]. Di certo la deflorazione di Giuseppina c’è stata, ne presenta i segni, però non potrebbe, forse, la famiglia di lei aver architettato la violenza per averne un risarcimento finanziario? […]. Intervengono nella storia il poco intelligente Carlone che aveva avuto in passato nascosti legami con papà Verdi, e un filosofo libero docente all’Università di Torino ed ex ufficiale nella Repubblica di Salò, presso il cui fratello, che ben diversamente era stato membro del Comitato di Liberazione Nazionale, lavora quale cameriera l’ambigua Luciana Corsati, madre di Giuseppina. Dal profondo della vicenda affiorano anche parlamentari tutt’altro che adamantini e, a un certo punto, ne emana una sulfurea esalazione infernale che il commissario ventilerà riuscendo, o quasi, a fare giustizia.
Danilo Clementoni
VOLUMUL 1/3 Eram pe drumul de întoarcere. Trecuse doar un an din anii noștri solari de când fusesem obligați să părăsim în grabă planeta, dar pentru ei, trecuseră 3600 de ani pământeni. Oare ce vom găsi?Nibiru, a douăsprezecea planetă a sistemului nostru solar, avea o orbită extrem de eliptică și retrogradă, care este mai mare decât a celorlaltor. De fapt, o rotație completă în jurul Soarelui durează aproximativ 3600 de ani. Locuitorii săi, profitând de șansa oferită de această abordare ciclică, au făcut vizite sistematice de sute sau mii de ani, influențând, de fiecare dată, cultura, cunoștințele, tehnologia și chiar evoluția rasei umane. Strămoșii noștri le-au spus în multe feluri, dar poate denumirea care-i reprezintă cel mai bine a fost dintotdeauna cea de ”zei”. Azakis și Petri, doi locuitori prietenoși ai acestei planete ciudate aflați la bordul navei spațiale Theos, se întorc pe Pământ pentru a recupera o încărcătură misterioasă și de valoare care a fost uitată în timpul vizitei anterioare. O poveste captivantă și amuzantă, plină însă de suspans, având unele reinterpretări, posibil devastatoare, ale evenimentelor istorice.
Sara Ingardia
Messico 1990: una monaca passeggiando sulla spiaggia trova una sconosciuta ridotta in fin di vita. Da qui inizierà una storia struggente che spiegherà come il destino abbia ricondotto la povera Vivienne su quel bagnasciuga.Sopravvissuta ad un naufragio, Vivienne perde l'uso della parola. Accolta nel Convento di Mérida nel sud-est del Messico; inizierà un percorso introspettivo che le permetterà, attraverso la scrittura, di elaborare la perdita di Nathan, facendo rivivere il suo ricordo nelle pagine bianche che giorno dopo giorno portano alla luce un legame destinato a spezzarsi
Andrzej Stanislaw Budzinski
I beati – in greco makaroi. Ecco la seconda parola dell'alfabeto della felicità. Indica la persona felice, pienamente appagata e soddisfatta, indica anche la buona sorte di qualcuno (beato te…), le persone che hanno avuto una particolare fortuna o si trovano in condizione privilegiata. Indica anche le persone, le quale per santità di vita, sono state elevate dalla Chiesa come Beati.In genere I BEATI significa FELICI. BEATI = FELICI! La felicità, come sappiamo, ha più di 7000.000.000 (sette miliardi) sfumature secondo il numero degli abitanti della terra. Non esiste la felicità unica per tutti, che soddisfa tutti. Ogni persona ha la propria felicità. Perché? Perché ogni persona è unica! Ogni persona è irripetibile! Allora giustamente è beata a modo suo – fai da te.1°. Beati (felici) poveri in spirito – Per forza dobbiamo porci la domanda: Chi sono i poveri in spirito? San Luca scrive soltanto “Beati poveri”1, allora dal suo testo possiamo capire che Gesù, semplicemente e giustamente, consola i poveri. Secondo Matteo, però, i poveri non sono soltanto poveri materialmente ma spiritualmente. Intuiamo che “i poveri in spirito” makárioi hoi ptôchoi tôi pneúmati non significa soltanto la povertà materiale. Secondo me la dimensione di questa beatitudine è diversa. Non c'entra la ricchezza o la povertà materiale. Chi sono veramente i poveri del mondo? Ricchi che abbondano le cose materiali ma sono senza Dio? O poveri che muoiono di fame ma sono con Dio? Secondo la Bibbia i veri poveri sono le persone che vivono senza Dio. Nella Bibbia sono chiamati stolti, stupidi. Perché? La loro fine è la condanna eterna. Qui non c'entra avere o non avere! Ma Essere o non essere! “Beati i poveri di spirito” riguarda la nostra relazione con Dio! “I poveri di spirito” – in lingua greca makárioi hoi ptôchoi tôi pneúmati dove ptohoj, significa non soltanto i poveri, ma anche i mendicanti, i barboni che chiedono le elemosine, le persone degne di pietà. Interessante è che ptohoj unite con pneumati in questo caso significa i poveri che chiedono l'elemosina spirituale perché sono consapevoli che non sanno niente, per questo cercano la sapienza di Dio. Questo atteggiamento, come già ho scritto prima, non dipende dalla ricchezza o dalla povertà materiale, è un atteggiamento del cuore. “I poveri di spirito” sono ‘anawim YHWH, cioè gli umili davanti a Dio.
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